29 novembre 2006

CI ASPETTAVAMO di più dal lavoro nei processi……

«Ci aspettavamo di più dal lavoro nei processi, dalla possibilità che il codice di procedura penale offre quando parla di indagini difensive. Invece i casi di investigatori privati chiamati a collaborare sono pochissimi. Ma in generale, specie negli ultimi tempi, ci sentiamo guardati con sospetto. E non sempre siamo messi in condizione di lavorare». Parla Paolo Gatti, segretario nazionale della Federpol, l’associazione che riunisce i detective nostrani, i Marlowe d’Italia. Quasi cinquecento i soci, a rappresentanza di una categoria che dopo gli ultimi scandali - ad esempio quello sulle intercettazioni abusive - chiede di non fare di ogni erba un fascio. Dottor Gatti, perché nei processi si lavora poco? Le potenzialità offerte dal nuovo codice di procedura penale sulle indagini difensive non vengono utilizzate dagli avvocati, gli esempi di legali che si servono di detective privati sono pochi. La categoria dal canto suo ha cercato di aggiornare la propria professionalità, ma non è servito. In generale gli investigatori, dopo il caso Telecom, sembrano finiti nell’occhio del ciclone. Mele marce ci sono dappertutto, quindi non si può criminalizzare un’intera categoria, che invece spessissimo lavora a stretto contatto con le procure, che anzi si servono di noi e addirittura ci chiedono in affitto le attrezzature. Il sospetto nasce dal pericolo di violazioni della privacy, come nell’affaire Telecom? La legge sulla privacy come tale va rispettata. Ci sono però delle norme eccessivamente restrittive che si potrebbero rivedere. Che senso ha che io, che sono in possesso di una licenza rilasciata dal prefetto, non possa accedere a determinate informazioni che mi vengono richieste per svolgere un lavoro? Faccio un esempio: gli accertamenti preventivi per la stipula dei contratti, per sapere se un contraente è affidabile oppure è persona che ha precedenti per truffa. Quanti raggiri si potrebbero evitare se gli investigatori fossero messi in condizione di lavorare? Allora ci si permetta di accedere a queste informazioni, magari con la tutela di registrare l’accesso ai dati per punire eventuali violazioni. Parlava della licenza. E la battaglia sull’albo professionale? Ce l’hanno le categorie più disparate, dai consulenti del lavoro ai commercialisti, dagli avvocati ai notai. Perché non permettere anche agli investigatori di darsi delle regole? Ne tornerebbe un vantaggio per tutta la collettività. Dell’ipotesi di istituire un albo si è parlato molto anni fa, poi il discorso è tramontato. Ma oggi, soprattutto dopo gli ultimi fatti, potrebbe tornare d’attualità. Da un lato si arginerebbe la proliferazione delle licenze, che vengono rilasciate spesso senza controlli adeguati sulle qualità professionali e sulla correttezza del richiedente; dall’altro si metterebbe un freno all’invasione di istituti di investigazione e sicurezza abusivi che spesso operano spesso seguire alcuna regola.
ALFREDO VACCARELLA

26 novembre 2006

Morte Litvinenko: Spunta la pista Yukos


Leonid Nevzlin, ex amministratore delegato del colosso petrolifero russo Yukos, ha riferito di un suo incontro in Israele con l'ex colonnello del Kgb Alexander Litvinenko, morto a Londra per avvelenamento da polonio 210.

Nevzvlin, oggi presidente del Museo della Diaspora di Tel Aviv, ha detto al quotidiano israeliano 'Haaretz' che durante quell'incontro ottenne dall'ex spia russa informazioni ritenute ''potenzialmente compromettenti'' per l'attuale leadership di Mosca. Secondo l'ex amministratore delegato della Yukos, la morte di Litvinenko sarebbe quindi da collegare alle informazioni sulla società petrolifera contenute nei documenti.

Nezvlin ha fatto sapere di aver trasmesso le carte a Scotland Yard, che sta conducendo fitte indagini per far luce sul caso. L'uomo, ricercato in patria per evasione e frode fiscale nonché per l'omicidio di un sindaco di una città siberiana, non ha precisato la data del suo incontro con Litvinenko.

Nel fascicolo di Scotland Yard, ci sarebbero anche elementi riguardanti la vicenda del misterioso incidente nel quale rimase ucciso, il 4 marzo 2004, Stephen Curtis, avvocato britannico e manager della holding Menatep, una controllante del gigante petrolifero Yukos, rimase vittima di un incidente sul suo elicottero privato poco dopo essere decollato da un aeroporto nel sud dell'Inghilterra. Lo scorso primo agosto un tribunale di Mosca ha dichiarato la bancarotta di Yukos. La società è stata giudicata insolvibile dopo una serie di accertamenti fiscali.

Oggi, il 'Sun', citando fonti dell'antiterrosimo di Scotland Yard, sostiene che fu nel sushi bar in cui il primo novembre pranzò con Mario Scaramella, l'ex consulente della commissione Mitrokhin, che Alexander Litvinenko sarebbe entrato in contatto con la sostanza radioattiva che lo ha ucciso.

''La spiegazione più plausibile - si legge - è che sul suo cibo sia stato spruzzato il polonio 210 al sushi bar, che la sostanza sia finita sui suoi vestiti e che gli sia rimasta addosso al suo appuntamento successivo in albergo e a casa sua''. E' per questa ragione, dunque, che livelli di radioattività al di sopra del normale sono stati registrati in tutti e tre i luoghi citati. ''Pensiamo che si sia trattato di uno spray liquido o forse di una polvere'', ha detto un'altra fonte citata dal tabloid britannico.

Intanto su Internet sul sito Frontline (www.frontlineclub.com), è visibile il filmato dell'ultima conferenza stampa dell'ex spia russa, registrata proprio pochi giorni prima dell'avvelenamento, Litvinenko accusa Putin di aver fatto uccidere la giornalista Anna Politkovskaya.

25 novembre 2006

Aula Giuliani, un generale scrive al presidente della Repubblica


A Onorevole Giorgio NAPOLITANO
Presidente della Repubblica Italiana
Palazzo del Quirinale 00100-ROMA


E, per conoscenza

Onorevole Franco MARINI
Presidente del Senato della Repubblica
Palazzo Madama 00100-ROMA

Onorevole Fausto BERTINOTTI
Presidente della Camera dei Deputati
Palazzo di Montecitorio 00100-ROMA


*************************************

mi permetto inviarLe questa mia nella smisurata presunzione che possa, prima o poi, raggiungere la Sua scrivania. Ciò nella migliorata sensibilità delle Istituzioni ed in coloro che le tutelano. Le dirò che quando, giovane trentatreenne, ebbi l’avventura di scrivere a ben due Capi dello Stato (le motivazioni erano molto serie, mi creda) ebbi una delle più grandi delusioni della mia vita che, oggi sessantunenne, non riesco a dimenticare: le risposte-non risposte, inviatemi da incolori segretari della Presidenza della Repubblica, non giovarono alla considerazione degli uomini che allora erano considerati garanti dei cittadini che a Loro si affidavano con fiducia.

Quando, qualche giorno fa, mi dissero che un’aula del senato della Repubblica era stata intitolata a Carlo Giuliani (La prego, Signor Presidente, non mi cestini già a questo punto. Devo ancora chiederLe un po’ del Suo tempo) credevo che si trattasse di uno scherzo provocatorio e, certo, di cattivo gusto. Il senato della Repubblica sentiva il bisogno di dedicare un’aula a Carlo Giuliani: quale avrebbe potuto essere una motivazione condivisibile? Avevo tanto pensato, già tempo fa (da buon genovese), a che cosa scrivere, a queli domande fare al Sindaco Pericu quando si paventava la possibilità di intitolare Piazza Alimonia a Genova al ragazzo morto durante le manifestazioni durante le quali, a sua maniera, cercava di esprimere il suo tipo di libertà contro chi, per una perversa mentalità, si dedicava alla difesa dei cittadini. Lasciai perdere: sapevo che sarebbe stato tempo sprecato (tra l’altro quanto accaduto in senato ritengo sarà un buon viatico per il sopra citato sindaco che potrà tornare alla carica e, finalmente, riuscire a coronare il desiderio dei genitori del ragazzo e di una sparuta minoranza della cittadinanza, ma tant’è …).
Ho voluto controllare immediatamente l’inattendibilità della notizia interpellando nostra madre internet: questo ciò che immediatamente acquisisco:
1. in occasione della nomina della Signora Heidi Giuliani a senatrice: “è cosi che vogliamo ricordare Carlo Giuliani: non solo come un ragazzo che non c’è più, ma come testimone della voglia di cambiamento e della spinta a incrinare un intero sistema di potere che animano le nuove generazioni” conclude Russo Spena che annuncia la decisione del gruppo di intitolare a Carlo Giuliani la sede dell’Ufficio di presidenza del gruppo.

Signor Presidente, riesce ad aiutarmi Lei? Mi autorizzerebbe a dire ai miei figli che, qualora “animati dalla voglia di cambiamento e dalla spinta a incrinare un intero sistema di potere” possono sempre indossare un passamontagna, brandire un estintore e minacciare di morte un esponente delle forze dell’ordine, dicendo loro che, dovessero subire la reazione dell’aggredito e soccombere, potranno sempre contare sull’intitolazione dei un’aula presso il Senato della Repubblica e di un permanente “santuario” nel luogo del vigliacco eccidio? Non solo, potrò loro dire che il loro papà potrà diventare senatore della Repubblica invece che rimanere uno squallidissimo ufficiale degli alpini in pensione che ha cercato di insegnare loro quale ricchezza nascondono l’onestà, la correttezza, il rispetto degli altri e tutte queste storie di altri tempi e, quindi, da dimenticare?
Naturalmente nella Sua risposta, Signor Presidente, dovrà tenere conto di alcune peculiarità mie e dei miei figli che potrebbero vanificare le mie fantasie: per quanto mi riguarda, sono stato, per tutta la vita, quel che veniva una volta (dizione tornata in auge quando ci si riempie la bocca di tante belle parole) definito “servitore dello Stato” essendo un “improduttivo!” (e di peggio) ufficiale degli Alpini e non già un rispettabilissimo sindacalista in difesa degli interessi …; e per quanto riguarda i miei figli, hanno avuto la “sfortuna” di avere dei genitori, una casa ove ricoverarsi in luogo dei sottopassi stradali e, “cosa quanto mai infamante”, non si sono mai trovati nelle condizioni di doversi drogare. Ciò dico per amore di verità e non veda in questo, Signor presidente, alcuna provocazione: questa è la cruda realtà della vicenda di cui tratto abusando della Sua pazienza;

2. e ancora “Apprezziamo profondamente – affermano in una nota il presidente del Prc-Sinistra europea al Senato Giovanni Russo Spena e i vicepresidenti Rina Gagliardi e Tommaso Sodano – la limpida posizione del presidente della repubblica a proposito del nostro diritto a intitolare a Carlo Giuliani una sala del nostro gruppo parlamentare. Non avevamo del resto mai avuto dubbi sulla sensibilità e correttezza istituzionale del capo dello stato”. Intendiamo ribadire – prosegue la nota dell’Ufficio di presidenza del gruppo del Prc – che non c’è alcuna contraddizione tra la dedica della sala a Carlo Giuliani e la convinta solidarietà con le famiglie degli esponenti delle Forze dell’ordine caduti nell’adempimento del loro dovere. Chi denuncia questa inesistente contraddizione lo fa solo per scopi palesemente strumentali e propagandistici”.

Cioè, Signor Presidente, pensa davvero anche Lei che sarei animato da scopi palesemente strumentali e propagandistici? Io? Davvero?

Allora corro a controllare se qualche aula, magari meno autorevole, un po’ più nascosta, sia stata dedicata, per esempio, ai caduti di Nassyria. Non ne trovo traccia. Forse nessuno ha pensato a questa eventualità? Non posso pensarlo, in coscienza. La prego di credermi; spero, quindi, che la mia ricerca sia stata incompleta ed il risultato menzognero. Ma se così non fosse propongo ora, con la Sua limpida presa di posizione”, l’intitolazione di un’aula, lontana da quella del Giuliani, a “quelli” di Nassyria, al Presidente della Camera e/o della Camera.
Ma ho due proposte alternative anche se entrambe meritevoli di altrettanta considerazione ma capisco anche che, se dovessimo dare spazio ai cittadini meritevoli, le aule del Parlamento, a questo punto, dovrebbero essere più numerose delle stanze di Buckingam Palace:

1. Nel febbraio del 1972 in Alto Adige, durante una marcia in montagna, una slavina uccise 7 alpini della Brigata Alpina Orobica. In quell’anno, in nessuna forma,le Forze Armate ed i suoi esponenti potevano sperare in una qualche considerazione né in alcuna parvenza di giustizia, nel bene e nel male (chissà se l’On. Marini ricorderà: ho tanto piacere nel vederlo, talvolta, indossare, con fierezza, il Suo cappello da Artigliere da Montagna!).
I 7Alpini deceduti erano studenti, lavoratori, onesti servitori dello Stato. Meriterebbero un riconoscimento almeno pari a quello tributato a Carlo Giuliani?
Propongo ora di dedicare, con la Sua “limpida presa di posizione”, un’aula del Parlamento “Ai sette Alpini deceduti nell’incidente di valanga di Malga Villalta (BZ) del 12 febbraio 1972, a perenne ricordo, con loro, di tutti i soldati morti in pace in attività di servizio per il proprio paese e per il mantenimento della pace ovunque nel mondo”;

2. ho l’immagine di mio padre: lavoratore instancabile, padre e marito attento, scrupoloso, ligio nell’osservanza della legge tanto da essere, spesso, criticato per la sua incrollabile fermezza. Segretario Provinciale della Croce Rossa Italiana di Genova ai dedicò, anima e corpo nell’accoglienza e ricovero dei profughi ungheresi, vittime di quella pagina di storia che in questi giorni, nel cinquantesimo anniversario, viene,da molti, riletta criticamente. In lui vedo milioni di cittadini italiani, lavoratori nascosti; quelli che rendono l’Italia degna di essere chiamata paese civile. Ben più del povero Carlo Giuliani. Allora intitoliamo, con la Sua “limpida presa di posizione”, un’aula del Parlamento “A Rinaldo Palestro, a perenne apprezzamento, nella Sua persona, per quei cittadini che hanno speso e splendono la vita nel rispetto del prossimo della leggi approvate da questo Parlamento”.
Sappia, in ultimo, Signor Presidente, che chi ha l’ardire di scriverLe non è né è mai stato, schierato politicamente. Ha sempre, piuttosto, cercato di apprezzare le buone cose fatte da un qualsivoglia governo e, parimenti, criticato ciò che riteneva essere mal fatto qualsivoglia fosse la parte politica alla guida del paese. Non mi giudichi, inoltre, né un mitomane, né un perditempo perché cadrebbe in un imperdonabile errore di valutazione.

Per quanto riguarda il mio pensiero personale su Carlo Giuliani: lo giudico un povero ragazzo al quale non è stata data la possibilità di vivere come meritava e non per colpa di un altrettanto povero carabiniere di nome Placanica. Fossi il papà o la mamma di Carlo, solo Dio sa quali rimorsi mi porterei dentro! Troppo facile ricercare colpe in altri per salvarci l’anima.

In chiusura, Signor Presidente, una domanda: che messaggio deve dare ed a chi la considerazione per quel ragazzo cha ha spinto, anche Lei stesso, a caldeggiare, in tempi rapidissimi (un tutt’uno senatrice la mamma e l’intitolazione) la dedica di un’aula ad un ragazzo con un siffatto curriculum? Potrebbe essere un esempio per una scolaresca in visita”istruttiva” al Senato della Repubblica Italiana? Temo di essere cestinato. La ringrazio se avrà la bontà, prima di farlo, di dedicarmi qualche minuto del Suo tempo.

Con ossequio.

Gianluigi Palestro Generale di Brigata degli Alpini (ris.) da Analisi Difesa

24 novembre 2006

E' morto Alexander Litvinenko


Alexander Litvinenko,”Sacha” per la comunità dei rifugiati russi a Londra è deceduto nella notte, lascia una moglie e un figlio piccolo. «E’ tutto molto chiaro, si tratta dell'assassinio di un eroe della Russia e della Gran Bretagna, un esule diventato cittadino britannico ucciso sul suolo inglese da un servizio segreto brutale e corrotto» Questo è quanto afferma Oleg Gordievsky, altro famoso ex agente sovietico passato all'Occidente, autore anche di libri e pubblicazioni sull’ex Kgb. Chi lo ha avvelenato conosceva bene il mestiere, i medici inglesi in questi giorni hanno cambiato più volte la versione sulla sostanza tossica che ha bruciato uno ad uno gli organi vitali del paziente. In un primo momento si era pensato al tallio, poi si è arrivati ad un elemento solitamente usato per la chemioterapia. Il dottor Geoff Bellingham, che fa parte dell'equipe medica , ha affermato: «Nonostante i molti test svolti, ancora non si è scoperto cosa l'abbia colpito». Ma chi ha incontrato Litvinenko il 1˚ novembre, tra mezzogiorno e le tre? Mario Scaramella, pranzò in un sushi bar di Piccadilly, e due personaggi venuti da Mosca e poi “scomparsi”. Un certo Andrei Lugovoy, altro ex colonnello dell'Fsb,faceva parte del 9° Direttorato, l’organo che protegge le figure pubbliche, fu arrestato a Mosca, poi liberato diventò per vie misteriose un ricco «uomo d'affari». Il 1˚ novembre chiamò il vecchio amico Alexander e gli diede appuntamento al bar del lussuosissimo Millennium Hotel di Grosvenor Square. Alexander andò all'incontro e trovò anche uno che non conosceva. In ospedale ha avuto la forza nel descrivere il terzo uomo «sulla quarantina, alto, magro e taciturno» e si presentò solo come «Vladimir». E parlò unicamente per invitare con insistenza Litvinenko a bere una tazza di tè. Forse quella fatale. L’alibi di Lugovoy è pronto ha fatto sapere che era venuto a Londra per vedere una partita di calcio(sicuramente aveva anche il biglietto in tasca) Del Terzo Uomo, Vladimir, a quanto pare non si sa nulla di più. La sezione antiterrorismo (SO15) di Scotland Yard per dargli un volto stanno controllando i filmati delle telecamere a circuito chiuso di Grosvenor Square, una delle piazze più controllate di Londra, dove è ubicata l'ambasciata degli Stati Uniti su un lato e quelle italiana e canadese sull'altro. Dopo la sosta al Millennium Hotel e l'incontro a Piccadilly quel pomeriggio Litvinenko ricevette un passaggio in auto verso casa da un altro amico, Ahmed Zakayev, ex dirigente ceceno entrato nella corte londinese di Berezovskij. , Litvinenko diceva che i documenti che gli aveva consegnato l'italiano contenevano i nomi degli assassini della sua amica Politkovskaya.
La morte di Alexander Litvinenko è avvenuta alla vigilia del summit Ue-Russia a Helsinki in cui, come ha anticipato il commissario europeo per le Relazioni esterne Benita Ferrero-Waldner, sarà chiesto conto al presidente russo del rispetto dei diritti umani nel suo Paese.

21 novembre 2006

Ex spia in fin di vita , indagava sull'omicidio Politkovskaya, solo oggi la notizia.



Mosca, 19 novembre 2006
Alexander Valterovich Litvinenko oggi è in fin di vita dopo essere stato avvelenato con il tallio.
Litvinenko è un ex-colonnello dei servizi segreti russi, 43 anni, dall'88 al '91 nel controspionaggio del Kgb, quindi, nel '97, al Dipartimento Analisi del Crimine organizzato; arrestato nel '99, assolto, quindi nuovamente arrestato e rilasciato con l'impegno a abbandonare Mosca. Rifugiatosi a Londra nel 2001, stava indagando sulla morte della giornalista Anna Politkovskaya, pupillo del vicecapo del Kgb Vladimir Trofimov assassinato nei mesi scorsi, Litvinenko era una fonte privilegiata di Anna.

"E' stato quel bandito di Putin", ha detto l'oligarca in disgrazia Boris Berezovski, che ha fatto visita all'amico Litvinenko venerdì. L'ha trovato "invecchiato di dieci anni" e ha puntato il dito accusatore contro il presidente Vladimir Putin: "E' difficile credere che un leader del G8 che si atteggia a democratico possa ordinare qualcosa di simile. Ma la gente deve capire che si tratta di un bandito".

Estremamente critico nei confronti del regime capeggiato da Putin, tanto da rinfacciargli di aver cinicamente orchestrato nel 1999 una serie di sanguinosi attentati terroristici a Mosca per poter scatenare di nuovo la guerra in Cecenia, Litvinenko si è sentito male due ore dopo aver pranzato con un "contatto" italiano, chiamato Mario, al ristorante giapponese 'Itsu' nella zona di Piccadilly. Un misterioso contatto che sosteneva di volergli consegnare dei documenti importanti per l'inchiesta sulla morte della giornalista russa, di cui l'ex spia era un amico personale.

"Il documento era un e-mail, e niente di ufficiale", ha detto Litvinenko, che però sottolinea di non poter accusare l'uomo di averlo avvelenato. Ma l'ex-spia russa, non ha dubbi che l'Fsb (l’erede del Kgb), ha cercato di farlo fuori: "Probabilmente - ha detto ad un giornalista del domenicale 'Sunday Times' che è riuscito a parlargli in ospedale dove è piantonato dalla polizia - pensavano che morissi entro tre giorni per infarto".

Da sei anni fuggiasco in Occidente dopo aver lavorato a lungo ai vertici dell'Fsb, da un mese cittadino britannico, Litvinenko si era messo ad indagare sull'omicidio di Anna Politkovskaia, la coraggiosa giornalista indipendente, sua amica, uccisa il mese scorso a Mosca. L'avvelenamento risale al 1 novembre ma soltanto 20 giorni dopo la notizia è esplosa con enorme risalto sui mass-media del Regno Unito.

Scotland Yard si è da parte sua limitata a dichiarare che "agenti della direzione del crimine stanno indagando su un avvelenamento sospetto, non ci sono stati arresti, l'inchiesta continua; Litvinenko, l'ex-007, ha ricevuto a ottobre un e-mail da una persona conosciuta in Italia, un certo Mario, che si era detto in possesso di "informazioni importanti" sull'omicidio della Politkovskaia e gli ha proposto un incontro a Londra.

"Con Mario - ha raccontato l'ex-spia russa al giornale britannico - siamo andati in un ristorante giapponese vicino a Piccadilly. Io ho ordinato il lunch ma lui non ha mangiato niente. Sembrava molto nervoso. Mi ha consegnato un documento di quattro pagine. Voleva che lo leggessi subito. Conteneva una lista di nomi, tra cui alcuni funzionari dell'Fsb, che sarebbero stati coinvolti con l'omicidio della giornalista. Il documento era una e-mail, non un documento ufficiale. Non ho capito perché sia venuto a Londra per darmelo quando avrebbe potuto mandarmelo con una e-mail".

Il Mario in questione si chiama Scaramella di cognome, secondo il giornale 'Mail on Sunday', che lo presenta come "un accademico dell'università di Napoli e consulente della commissione Mitrokhin istituita dal parlamento italiano per indagare sulle attività del Kgb in Italia durante la Guerra fredda". Proprio Scaramella avrebbe fatto sì che la commissione Mitrokhin interrogasse Litvinenko, fuggito dalla Russia di Putin dopo essere stata emessa l’accusa per alto tradimento. Scotland Yard indaga….anche se il fascicolo da giorni è sulle scrivanie dell’MI6, il servizio segreto inglese.

20 novembre 2006

Una spina nel fianco di Putin:Anna Politkovskaja (Анна Политковская)

Il Sig.Putin commentò così l’omicidio della giornalista Anna Politkovskaya ….."Faremo una inchiesta obiettiva l'uccisione di Anna Politkovskaya è inaccettabile". Belle parole, proprio lui che dovrebbe vergognarsi,un capo di stato che fa governare la Cecenia da ex- terroristi è affidabile! i Per partorire quest'ostica dichiarazione ci ha messo due giorni….. Comunque si sapeva, avevano già cercato di farla fuori in altre occasioni. Forse non ci riuscirono subito per una mera coincidenza, forse ci stavano attenti perché lei era un personaggio molto noto, forse le ragioni erano altre, ma se c'era qualcosa che mi ha sempre sorpreso era come mai non l'avessero fatta fuori prima. Comunque il giorno fatidico è arrivato e Anna Politkovskaya giornalista della Novaja Gazeta è stata uccisa. L'hanno trovata morta alle 16.20 del 7 ottobre in via Lesnaja N°8 nell'ascensore di casa sua freddata con quattro colpi di pistola. La Politkovskaya era una feroce critica della politica del Cremlino in Cecenia e dell'involuzione autoritaria in Russia. Cercò di fare da intermediaria durante l'assalto al teatro di Mosca e a Beslan. Un personaggio troppo scomodo. Doveva essere eliminata, fisicamente, per tapparle la bocca una volta per tutte. Naturalmente ora si sentirà parlare di "banditi", magari si accuseranno i suoi stessi colleghi per "rivalità interne" al suo giornale (la Novaya Gazeta, che anche quello non si sa per quanto potrà ancora esistere) tutti sanno benissimo chi è il mandante. Basta leggere il titolo di uno dei suoi articoli per capirlo: "Avvelenata da Putin". Oppure quello di uno dei suoi libri: "La Russia di Putin". Provate a scrivere il nome di Anna sulla pagina in inglese di Google News e vedrete come gli articoli crescano di minuto in minuto…… sempre che i siti non vengano oscurati per inspiegabili “problemi tecnici”

17 novembre 2006

Iran, il nucleare continua

Mahmoud Ahmadinejad non molla, anzi,ha ribadito ieri che” Teheran ,resisterà fino in fondo e porterà avanti il programma nucleare” mentre Washington, invece, chiede la sospensione dell'arricchimento dell'uranio come condizione per avviare eventuali contatti diretti.

Un rapporto dell'Aiea (l'Agenzia internazionale per l'energia atomica) denuncia la persistente mancanza di cooperazione da parte dell'Iran e conferma come Teheran prosegua nel processo di arricchimento dell'uranio, forse per usi non pacifici. L'allarme nasce da alcune tracce di plutonio e di uranio arricchito oltre quanto dichiarato dall'Iran, che, per gli esperti dell'Aiea, «necessitano di spiegazioni».

Il dossier verrà presentato la prossima settimana. Come nei precedenti rapporti, l'ultimo fa un elenco di rimostranze nei confronti del governo iraniano: il no alla richiesta di poter ampliare i controlli sulle attività nel sito di Natanz, la mancanza di risposte dettagliate sul processo dell'arricchimento dell'uranio, e le informazioni negate sugli esperimenti e sulle ricerche che sembrerebbero lagati allo sviluppo missilistico.

In pratica gli esperti dell'Aiea – da quanto si legge nel documento - non sono «in grado di fare ulteriori progressi negli sforzi per verificare l'assenza di materiali e attività nucleari non dichiarate in Iran». Secondo una fonte diplomatica dell'Onu, Teheran ha già inoltrato all'Agenzia i chiarimenti richiesti. Se le spiegazioni troveranno conferma, le scorie "impreviste", scoperte in una centrale nucleare, potrebbero risultare compatibili con un programma nucleare a fini pacifici.

Un segno di apertura viene dallo stesso presidente Ahmadinejad che ha dichiarato che presto invierà un messaggio agli Stati Uniti per spiegare le politiche iraniane, non fornendo però dettagli sui contenuti. «Molti americani mi hanno chiesto di parlare loro per spiegare l'opinione del popolo iraniano. Accadrà presto e invierò loro un messaggio», ha detto due giorni fa Ahmadinejad in una conferenza stampa trasmessa in diretta dalla televisione di stato iraniana. Il presidente iraniano ha però riaffermato che la Repubblica islamica non rinuncerà al suo programma nucleare.

Crescono ogni giorno i timori di una proliferazione nucleare senza controllo - è stata Tokyo a lanciare martedì un sasso nello stagno - e subito torna a riproporsi il problema della diffusione di armi nucleari tra Paesi e organizzazioni come Al Qaeda che apertamente sfidano quell'ordine che è rappresentato dall'Onu e dal Trattato di non proliferazione. «Più armi nucleari esistono, maggiore è la minaccia da affrontare. E più Paesi posseggono l'atomica, più cresce il pericolo per l'intero pianeta».

Fu proprio il direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica ,Mohammed el Baradei che circa un anno fa lanciò questo messaggio. Anzi questo può essere considerato, allora come oggi, un assioma condiviso dalla stragrande maggioranza della comunità internazionale.

Impedire la proliferazione ne costituisce strategicamente la logica conseguenza, anche perché fondati sospetti associano la corsa all'arma atomica a gruppi terroristici, Al Qaeda in testa. E chi non si adegua diventa quello che, nella semplificazione operata dalla Amministrazione Bush, viene indicato come l'Asse del male.

In realtà non esiste una tipologia che definisca un membro di questo Asse, che può anche meritarsi il titolo di Paese canaglia. Il Pakistan ad esempio, è sfuggito a ogni controllo lecitamente dal punto di vista giuridico, non avendo mai firmato il Tnp e si è dotato dal 1998 di armi atomiche, si dice che attualmente disponga di almeno una trentina di ordigni.

La sfida continua.....

14 novembre 2006

Iran: dopo 12 anni chiesto il provvedimento di arresto per Rafsanjani.


Il magistrato argentino Rodolfo Canicoba Corral ha emesso un mandato internazionale di arresto per l'ex presidente iraniano Akbar Hashemi Rafsanjani e altri alti dirigenti iraniani per l'attentato del 18 luglio 1994 contro la sede, di Buenos Aires di un'associazione ebraica di mutuo soccorso “Amia” (massima istituzione ebraica del paese latinoamericano) ha chiesto al governo di Teheran e all'Interpol la consegna dell'ex presidente che deve rispondere dell'accusa di "crimini contro l'umanita'". Nell’attentato persero la vita 85 persone e altre 300 rimasero ferite.

Oltre all'ex presidente iraniano, sono ricercati anche l'ex ministro degli Esteri, Ali Akbar Velatati, l'ex ministro dell'Intelligence, Ali Fallahian, l'ex comandante dei Pasdaran, generale Mohsen Rezaii, l'ex comandante delle Brigate Al Quds, generale Ahmad Vahidi, l'ex ambasciatore in Spagna e Argentina, Hadi Soleymanpour, i diplomatici Mohsen Rabbini e Ahmad Asghari, nonché l'esponente dell'ala militare degli hezbollah, il libanese Imad Mughnieh. ''Questi mandati non hanno alcun valore giuridico, in quanto si basano sulle informazioni classificate che la Cia e il Mossad hanno passato ai giudici argentini''. Così ha commentato la notizia l'ex comandante dei Pasdaran, generale Mohsen Rezaii, attuale Segretario Generale del Consiglio per il discernimento dello Stato, Teheran non ha nemmeno gradito le dichiarazioni di Kofi Annan, il segretario uscente delle Nazioni Unite, al termine dell'incontro che a Montevideo ha avuto con alcuni leader ebrei argentini. Annan, secondo quanto riferisce la stampa argentina, avrebbe garantito "la piena collaborazione delle Nazioni Unite per l'esecuzione di questi mandati di cattura internazionale". "Tutti i paesi che hanno firmato la Convenzione sulla lotta al terrorismo- avrebbe detto il segretario uscente- hanno l'obbligo di arrestare queste persone e consegnarle alle autorità argentine".

Nelle 800 pagine del rinvio a giudizio, si fa l'ipotesi che le massime autorità della Repubblica Islamica, riunite nell'estate del 1993 a Mashad, nell'Ovest del paese, abbiano pianificato l'attentato contro la sede dell'Amia, e quello contro l'ambasciata israeliana a Buenos Aires in risposta alla decisione del governo argentino dell'epoca (il presidente era Carlos Menem) di non onorare il contratto di forniture di materiale nucleare all'Iran.

13 novembre 2006

Markus Wolf. nome in codice "Misha"



Markus Wolf, quasi quarant’anni di attività ai vertici del servizio segreto dell’ex Germania comunista, nato il 19 gennaio 1923 a Hechingen in Svevia è morto nella sua casa di Berlino la notte del 9 novembre. Direttore dell’HVA, la scuola di spionaggio e controspionaggio, capo militare della Stasi( il servizio di spionaggio e controspioggio dell’ex Germania Est ) ha ricoperto la carica dal 1958 al 1987, sede operativa Bunker della Normannstrasse-Berlino Est. La cui capacità era riconosciuta e invidiata dalla Cia e dal Mossad. A diciott'anni studente-modello nella scuola quadri del Komintern a Kuchnarenkovo, inviato ufficialmente come giornalista a seguire il processo di Norimberga, è in realtà l'uomo di fiducia di Mosca e il garante nella Germania comunista sotto le direttive del Cremlino. Sono gli anni in cui nella Germania occupata, i comunisti rimettono in funzione undici lager, fra cui Buchenwald e Oranienburg, per farci sparire decine di migliaia di tedeschi da epurare e in cui 200 mila tedeschi vengono deportati in Urss. Markus Wolf si fa le ossa in queste attività, a 25 anni - mette in opera il più potente apparato di spionaggio, infiltrazione e provocazione del mondo comunista. Markus Wolf riuscì a infiltrare la spia Günter Guillaume nella Repubblica Federale Tedesca a fianco di Willy Frahm, alias Willy Brandt, il cancelliere socialdemocratico costretto poi alle dimissioni negli anni “50. Ha "facilitato" organizzazioni terroristiche come la RAF e, probabilmente, le Brigate Rosse, si ritiene che prima del crollo del regime sovietico, abbia creato numerose cellule "dormienti" di agenti pronti a rientrare in azione in Occidente, una specie di Gladio Rossa che sarebbe tuttora in funzione. Ma soprattutto “ Misha” spiò con tenacia instancabile il "suo" stesso popolo circa due milioni di dossier sono stati reperiti, relativi ad altrettanti sudditi tedesco-orientali, messi insieme dalla STASI, un apparato che arrivò a contare 600 mila membri, pari a un "controllore-informatore" ogni sette adulti. Il 2 ottobre 1990, qualche minuto prima della riunificazione tedesca scompare dalla sua lussuosa abitazione di Berlino Est appare a Mosca nella sede del KGB vendendo la lista degli agenti della STASI. Ha scritto un saggio critico “La Troika”. Misha Wolf l'ultimo ebreo comunista a riciclarsi come neocon; non più in Urss ma nel superstato che sempre più gli somiglia, gli USSA, United Sovietic States of America.

2 novembre 2006

IRAN: Operazione “Grande Profeta 2”

Oggi (n.d.r. 2 Novembre 2006) la televisione Iraniana “Al Alam” ha annunciato l’inizio delle operazioni denominate “Grande Profeta 2”. Le operazioni si sono svolte in molte province dell’Iran, sensibilizzate particolarmente lungo il golfo e continueranno per circa 10 giorni con il fine di dimostrare il potere deterrente dei guardiani della rivoluzione contro possibili minacce. Cosi’ sono stati giustificati i lanci di diversi missili balistici quali lo Shahab-3 noto per la sua gittata massima di 2000 km, il tutto coordinato dal comandante dei Pasdaran Yahya Rahim-Safavi.

Lanciati da un’area vicina alla città santa sciita di Qom, 130 km a sud di Teheran, i missili sono considerati il fiore all’occhiello dell’industria bellica iraniana, opportunamente modificati per trasportare bombe a grappolo. Infatti già nelle giornate di lunedì e martedì nelle stesse acque del golfo gli Stati Uniti e altri paesi alleati tra cui l’Italia si sono esercitati in simulazioni di intercettazione su navi che trasportavano materiale sensibile dal punto di vista nucleare. Tale operazione potrebbe essere interpretata come un’azione preparatoria in vista delle eventuali sanzioni contro l’Iran e sulle quali la Russia continua a manifestare il suo scetticismo.

Non dimentichiamoci che Teheran ha ignorato la richiesta di sospensione del programma nucleare dell’arricchimento dell’uranio del consiglio di sicurezza dell’ONU che doveva avvenire entro il 31 Agosto scorso. Viceversa ha raddoppiato le sue capacità in questo campo tanto da dichiarare l’arricchimento dell’uranio al 3,5% ben al di sopra dei parametri convenzionali, giustificando tali scelte per scopi sperimentali.

A dicembre Meier Dagan, capo del Mossad a ragione dichiarava al parlamento del suo paese che l’Iran in 2 anni al massimo avrebbe completato l’arricchimento dell’uranio. Da quel momento in poi la costruzione di un’arma nucleare è stata solo una questione tecnica infatti ci sono due programmi nucleari paralleli: il primo denunciato all’Aiea ed il secondo gestito dall’esercito e dalle guardie della rivoluzione di Ahmadinejad. Infatti a Natanz (non più sotto il controllo dell’Aiea) città situata a circa 300 km a sud di Teheran si trovano gli impianti nucleari sotterranei ad una profondità di circa 25 metri ed in grado di contenere oltre 50.000 centrifughe insieme a laboratori ed altri ambienti di lavoro. Penso che il programma nucleare dell’Iran sia molto piu’ complesso ed articolato. Mi ricordo che ai tempi della guerra fredda i sovietici costruirono bunker alle porte di Mosca con la scusa di garantire la sopravvivenza dei governanti russi in caso di conflitto nucleare. Sembra che la storia si ripeta solo che da un'altra parte del mondo.

E se gli Stati Uniti attaccheranno ci sarà un nuovo Saddam Hussein del mondo arabo con il volto di Ahmadinejad, con la sola differenza che quest’ultimo sarà ancora più credibile e potente.